Per ricordare Lorenzo

Lorenzo18 agosto 2003

Ciao Lorenzo

vorremmo parlare con te della storia di una profonda amicizia che ci ha fatto camminare insieme in questi anni. Un’Amicizia intensa perché condivideva uno sguardo “alto” sulla vita, e oltre la vita, e non solo una reciproca simpatia e stima.

Siamo tutt’uno con il nostro “lavoro”, tu lo sai: neanche nei momenti di riposo ci abbandona infatti quel costante interrogarci, quella continua ricerca di senso, di nessi, di significati, in tutte le azioni che quotidianamente si svolgono nel vivere. I “pazienti”, che insieme chiamavamo interlocutori e incontri, li portavamo sempre con noi, anche in vacanza, anche nei week end, anche in famiglia. Lo dicevamo spesso: ad essi la nostra riconoscenza, perché sono loro che ci permettono di conoscerci, di scoprire nuove prospettive, di “sanare” il nostro animo sofferente.

Parlavamo di intersoggettività, una prospettiva difficile e mai raggiunta. Ogni volta che la sentivamo più vicina, questa parola si faceva più sfumata e incomprensibile, ma ci invitava a cercare ancora e più a fondo. Amavi e credevi nel tuo lavoro e, in fondo, per te intersoggettività significava soprattutto poterti mettere in discussione con l’altro-del-discorso che avevi davanti durante le sedute. Lo dicono anche i tuoi interventi nel nostro forum sull’intersoggettività.

La ricerca. Eri dotato di una curiosità veramente speciale, appena approfondivi un argomento o una tecnica, ti veniva immediatamente voglia di andare altrove per cercare dell’altro. E in questa ricerca eri contagioso. Più volte ci hai trascinato in percorsi inaspettati o ci hai dato lo stimolo per non fermarci, mettendo tutto in discussione. Attribuivi questo atteggiamento alla tua personalità “un po’ border”, come tu stesso dicevi mettendoti a ridere, ma in questa “patologia” ti seguivamo volentieri. I giornali hanno scritto che eri “una brava persona”. Ma cosa vuol dire? Di discussioni ne abbiamo avute tante e sempre portavano a qualcosa di nuovo. I sogni, le “sabbie”, la spiritualità, i simboli, l’Universale, erano argomenti a te cari che trovavano in noi una sintonia e una comprensione rara. Non ci sentivamo così spesso -ultimamente viaggiavi tanto e l’ambito della tua ricerca si estendeva fuori dai confini della Lombardia- ma quando ci sentivamo era come fosse stato il giorno prima; subito si faceva avanti quella familiarità che contraddistingue chi è capace di pensare insieme e sente la Presenza dell’altro al di là della vicinanza fisica.

Ci piace continuare a pensarti così. I difetti? Eravamo abituati a dialogare con le nostre Ombre, e anche di quelle tue ne parlavi con assoluta onestà intellettuale. Ci definivi un gruppo “casinista” come effettivamente siamo: poca capacità organizzativa, molti ideali e, a volte, molto individualismo introverso e difensivo. Eppure anche tu ti meravigliavi, insieme a noi, di come poi tutto potesse procedere e di come potessimo volerci bene, accomunati dalla stessa idea della psicoterapia, delle relazioni, della vita.

Insieme a noi, in modo entusiasta, avevi denominato la nostra associazione “Centro di Psicologia Evolutiva Intersoggettiva” e subito dopo, conscio del nome impegnativo e lungo, e del fatto che eravamo soltanto in cinque, hai aggiunto: “ma ragazzi, cosa stiamo facendo? Forse non lo capiamo neppure noi cosa vuol dire…”. Eppure hai contribuito non poco al primo statuto, visto che eri quello, tra noi, con migliori doti pratiche e organizzative.

Il nostro particolare ricordo va oggi a Donata, Anita, Matilde, le persone che amavi e con cui condividevi la quotidianità. Ci dicevi che con loro sentivi un legame speciale, capace di andare oltre qualsiasi difficoltà. Siamo convinti che questo legame verrà comunque mantenuto, e anche quello con il CEPEI, nel modo che tu ora conoscerai molto meglio di noi.

Sei sempre presente

Paolo, Antonino, Paola, Sergio

 

socistorici

… Un anno dopo (sogno del 7 agosto 2004)

“Con la persona che amo entriamo nella cantina dove ci trovavamo a parlare, a giocare, a progettare sulla vita, con gli amici del tempo della giovinezza. E lì tornano anche gli amici stessi, decisi tutti a scrivere un’altra lettera a Lorenzo. Pensiamo allora a ciò che è stato pubblicato sui giornali, alle persone che sono state vicine, a quelle ciniche o indifferenti, ai problemi connessi alla professione di psichiatra, al servizio pubblico inadeguato, alla famiglia, alla violenza, al desiderio di affermazione… e ci accorgiamo di quante considerazioni negative sono state fatte in quest’anno. E allora, decidiamo di porre silenzio ad ogni altra riflessione e di scrivere nella lettera una sola parola, che dia senso al nostro ritrovarci: AMICIZIA”.

il sogno da uno di noi è stato fatto, ma è condiviso nell’inconscio (e speriamo poi nella coscienza) collettivo.